Intervista a Erri De Luca

Erri De Luca è un scrittore, poeta e traduttore italiano. È nato a Napoli nel 1950 e ha vissuto la maggior parte della sua infanzia nei quartieri popolari di questa città. Nel 1968, Erri parte abitare a Roma dove diventa un membro importante di Lotta Continua, un movimento di estrema-sinistra, ma abbandona la politica otto anni dopo. Diventa allora operaio attraverso l’Italia ed all’estero : muratore a Napoli dopo il terremoto di 1980 ma anche a Milano, a Roma ed in Francia (lavora nei cantieri della periferia parigina), operaio automobilistico a Torino, operaio all’aeroporto di Catania, autista di camion di convogli umanitari in ex-Iugoslavia per le popolazioni bosniache toccate dai bombardamenti così come volontario in Tanzania dove contrae la malaria. Finalmente, il suo primo romanzo Non ora, non qui è pubblicato nel 1989. Agnostico e conoscendo parecchie lingue tra cui lo yiddish e l’ebraico antico, studia e traduce vari brani della Bibbia. Diventa velocemente un scrittore conosciuto, tradutto in una trentina di lingue e giornalista per diversi grandi quotidiani italiani. Ha ricevuto il Premio Laure-Bataillon in 2001, il Premio Femina étranger in 2002, il Premio per il migliore libro straniero France Culture, il Premio tedesco Petrarca, il Premio Ulysse in 2013, il Premio europeo di letteratura sempre nel 2013, il Premio spagnolo Leteo in 2014, il Premio Jean-Monet di letteratura europea ancora nel 2014 ed infine il Premio letterario del Parlamento Europeo in novembre 2016 per il suo libro Il più e il meno.  In 2015, è accusato dalla società Lyon-Turin Ferroviaire di istigazione al sabotaggio nell’ambito del suo sostegno ai No-TAV (movimento di protesta contro la costruzione della linea ferroviaria Lione-Torino) ma sarà prosciolto dall’accusa al termine del processo. È anche un alpinista riconosciuto, membro della giuria del Piolet d’or nel 2014 e del Festival di Cannes nel 2003.

  • Come le è nato il desiderio di scrivere dei libri ? Quando ha incominciato a scrivere ?

Ho cominciato a scrivere da ragazzino, non pensavo di comporre libri, mi piaceva tenermi compagnia con una storia che si sviluppava mentre la scrivevo. Il mio primo racconto, avevo undici anni, era la storia di un pesce narrata da lui stesso.

  • Nei suoi romanzi Non ora, non qui e Montedidio, libro che ha vinto il Premio Femina étranger nel 2002, lei parla della sua infanzia napoletana. Quali sono gli eventi della sua infanzia che l’hanno il piu segnato ?

Le voci della città intorno, il chiasso insonne, i racconti che si facevano tra loro le donne sulla guerra, i bombardamenti, i terremoti, i fantasmi, insomma un’ epica locale detta in dialetto che mi addestrava al mondo accaduto  appena prima di me. E poi Napoli aveva la più alta mortalità infantile di Europa e mentre io potevo andare a scuola, i miei coetanei andavano a lavorare già a cinque anni.

  • Comunista, anarchico e poi membro di Lotta Continua, lei è stato molto impegnato in politica sin da giovane. Cosa l’ha spinto ad aderire a questi ideali politici ?

Un sentimento di giustizia, di stabilire uguaglianze di diritti, di dignità.

  • Secondo lei, ciò ha avuto un impatto sulle sue opere letterarie?

Riconosco l’impatto del 1900, un secolo che ha schiacciato con la sua storia maggiore le piccole storie minori, personali, individuali. I miei racconti risentono del rumore di fondo, del ringhio di un’epoca violenta. Sono in definitiva racconti di piccole resistenze alla pressione del 1900 anche se le mie convinzioni politiche non ne sono l’oggetto.

  • Per più di diciotto anni lei ha lavorato come operaio in parecchie città dell’Italia ed all’estero, siete anche stato volontario in Tanzania ed autista di camion nell’ex-Iugoslavia. Pensa che queste esperienze abbiano potuto avere un influenza importante sul suo modo di scrivere?

I casi ai quali fa riferimento sono quelli che succedono, che si presentano e che non posso dire di avere scelto. Hanno fornito conoscenze fisiche, utili alla mia scrittura che racconta storie passate prima attraverso il corpo. Il mio modo di scrivere è sempre lo stesso, scrivo a penna su quaderni.

  • Sostenitore del No-TAV, siete stati attaccati in giustizia qualche anno fa per « istigazione a delinquere ». Lei si è difeso di questa accusa in particolare in un saggio intitolato La parola contraria. Puo dircene di più a proposito di questo affare ?

Sono stato incriminato di istigazione a commettere delitti, per avere detto in un’intervista che quella nociva e inutile opera pubblica andava sabotata. L’articolo del codice penale che m’incriminava, risale all’epoca fascista e non era mai stato usato prima contro l’opinione di uno scrittore. Era un processo sperimentale, si voleva introdurre una limitazione della libertà di espressione garantita dall’articolo 21 della Costituzione italiana. Nel corso di due anni ho ripetuto in ogni sede pubblica quelle parole incriminate, per ribadirle e difenderle dalla censura penale. Sono stato difeso da centinaia di letture pubbliche delle mie pagine, tenute da lettori in Italia e all’estero. Credo non sia mai successo prima a uno scrittore di avere il sostegno dei suoi lettori più che dei suoi colleghi. Sono stato assolto con la formula più netta: il fatto non sussiste. E’ la più totale critica a un processo che non doveva nemmeno iniziare. La pubblica accusa dopo la sentenza ha rinunciato a fare appello, dunque la sentenza è diventata definitiva.

  • Infine, è anche un alpinista conosciuto che ha scalato diverse cime del’Himalaya e ha fatto parte della giuria del Piolet d’or in 2014. Il suo amore per la montagna si risente inoltre in certe sue opere come in Il Peso della farfalla. Cosa l’ha spinto, lei un napoletano cresciuto in riva al mare, a fare dell’alpinismo ?

Per la precisione sono stato in Himalaya ma non ho raggiunto cime di ottomila metri. Mio padre, napoletano, è stato soldato nel corpo di fanteria di montagna, gli Alpini. Mi ha trasmesso un sentimento di gratitudine per le montagne, che gli hanno salvato il tempo della guerra maledetta. Mi ha insegnato un repertorio di canti alpini, mi ha mandato nelle Dolomiti da bambino. Così in mezzo ai trent’anni ho cominciato a salire cime scalandole, impratichendomi del loro vuoto. Un alpinista guarda più in basso che in alto.

Intervista di Erri De Luca realizzata da E. Michaut

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